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n° 16
marzo 2015

prima pagina

editoriale

tre giorni di peste

dietro le nuvole nere

 

 

 

 

 

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Dietro le nuvole nere
Per una rilettura di “Psicologia di massa del fascismo” di Wilhelm Reich
di Ciro Busiello

“Il fascismo è l’atteggiamento emozionale fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanicistico-mistico della vita. Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa.”

W. R.
 

Magritte-La-reproduction-inRicordo un dipinto. Una folla di persone si accalca a guardare l’avvicinarsi di grosse nuvole nere. Sono di spalle, non ne vediamo i volti ma li possiamo immaginare perché siamo in mezzo a loro, siamo spettatori tra spettatori inquieti, i loro pensieri rabbuiati da quegli oscuri presagi sono i nostri pensieri. Non sono riuscito a trovarlo cercando tra le immagini dei libri o sulla rete. Dovrebbe essere un quadro tedesco del finire degli anni venti del secolo scorso, i suoi tratti sono più realistici delle trasfigurazioni espressionistiche di Kirchner, sembra appartenere alla corrente della “Nuova Oggettività” ma non l’acido sarcasmo di Grosz, piuttosto l’introspezione di Felix Nussbaum. O forse è stato dipinto solo qualche anno fà. Forse l’ho solo immaginato. Un brutto sogno, un incubo.

Siamo nella Germania della fine della Repubblica di Weimar e dell’ascesa del nazismo. Il crollo della borsa di Wall Street nell’ottobre del 1929 travolge anche la breve risalita tedesca dalla sconfitta e dai disastri della Prima Guerra Mondiale. William Shirer, inviato speciale americano in Germania, rende il clima del tempo con queste parole : “… dal ’29 al ’32 la sua produzione scese quasi della metà. Milioni di esseri umani rimasero senza lavoro. Migliaia di piccole imprese crollarono. Nel maggio del ’31 falliva la più grande banca austriaca seguita il 13 luglio da una delle principali banche tedesche … in ogni città del paese le code per il pane si estendevano lungo isolati interi, … Milioni di disoccupati chiedevano lavoro. I negozianti volevano degli aiuti. Circa quattro milioni di giovani che dal tempo dellestrade ultime elezioni avevano raggiunto ora l’età di votare, chiedevano un futuro con prospettive che assicurassero loro almeno i mezzi di sussistenza. … Con una travolgente propaganda, Hitler offrì a tutti questi milioni di scontenti ciò che alla loro miseria sembrò già una speranza. Egli avrebbe fatto nuovamente forte la Germania, si sarebbe rifiutato di pagare le riparazioni, avrebbe denunciato il Trattato di Versailles, avrebbe posto fine alla corruzione e piegato i magnati della finanza (specie se ebrei), avrebbe provveduto affinché a ogni tedesco non mancasse lavoro e pane. Questo appello non poteva non fare effetto sui disperati e gli affamati in cerca non solo di aiuto ma anche di una nuova fede e di nuovi idoli.”

Siamo nell’Europa della precarietà del vivere di questo inizio del nuovo secolo. Parole come razzismo e antisemitismo che pensavamo consegnate ai libri di storia riecheggiano sinistre da un capo all’altro del continente. Il grido “MAI PIU’ !” dei sopravvissuti alla tragedia delle avventure totalitarie e della Seconda Guerra Mondiale perde vigore. Sembra trovare terreno fertile il cliché che vede nei momenti di crisi avanzare un consenso di massa a scelte autoritarie da parte di comunità impaurite che alzano barriere in cui affermare la propria identità, che riscoprono fondamentalismo e fantasiose mitologie etniche, alla ricerca di un capo a cui affidarsi ciecamente riconoscendogli il potere quasi magico della salvezza.

Perché di fronte ad una situazione di insopportabile disagio si passa dalla ribellione all’autorità alla sottomissione ad un’altra autorità, perché le masse impoverite invece di aderire al movimento rivoluzionario di sinistra si indirizzavano verso il radicalismo di destra? Perché tra liberazione e reazione, tra socialismo e barbarie sceglievano inspiegabilmente quest’ultima? Ritrovo queste domande iniziando a rileggere “Psicologia di massa del fascismo”, pubblicato da Wilhelm Reich nel settembre del ’33 in Danimarca, dove era dovuto fuggire dopo la nomina a Cancelliere di Hitler il 30 gennaio.

Reich inizia a cercare le risposte scavando nel profondo dell’animo umano, nella libido, motore centrale della vita psichica, ma ben presto si rende conto che la teoria psicanalitica è insufficiente a rendere a pieno la struttura caratteriale dell’essere umano in quanto lo astrae dal suo ordinamento sociale. Si avvicina così alle teorie marxiste ma anche di queste ne vede i limiti in quanto il comportamento umano non è dettato solo dalla sua appartenenza di classe ma anche dalla natura irrazionale del suo essere ”animale” uomo. La ricerca di Reich così si allarga ad un approccio globale dell’essere umano, la “sessuo-economia”, che considera l’organicità di corpo, mente e vita sociale, rendendolo un antesignano di quella che oggi è la moderna ricerca scientifica ed umana, e portandolo ad individuare nella repressione della naturale vita amorosa il meccanismo principale della sottomissione caratteriale e che da luogo, nei momenti di crisi, al prevalere non dell’interpretazione razionale della realtà ma a quella mistica ed irrazionale.

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Il “laboratorio” che forgia i soggetti predisposti ad ascoltare le sirene delle promesse dell’”uomo forte” di turno è la famiglia patriarcale piccolo borghese che, a partire dalla inibizione della naturale sessualità del bambino, educa l’uomo al timore dell’autorità paralizzando ogni impulso libero e vivo, istillando la diffidenza, il cinismo, la tattica e l’ubbidienza. Quello che crea è l’incapacità della responsabilità sociale che si esprime nell’antagonismo fra desiderio di libertà e paura della libertà. La conclusione è che ognuno porta dentro di sé gli elementi del modo di pensare e sentire fascisti perché esso non è l’opera di Hitler o di Mussolini e non è limitato ad un particolare paese o ideologia politica come conferma il “fascismo rosso” dell’involuzione autoritaria staliniana dell’Unione Sovietica.

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E’ significativo che Reich individui nella piccola borghesia la classe sociale che costituisce la spina dorsale che da stabilità alle moderne società e che costituirà nel dopoguerra la società dei due terzi delle socialdemocrazie del nord Europa degli anni ’70 o la maggioranza silenziosa evocata dalla destra. Ma il ceto medio, nella sua posizione a cavallo tra diseredati e benestanti, nei momenti di crisi e col terrore di perdere la sua posizione e di confondersi nella massa crescente dei poveri, viene scosso dalla sua normale apolitica indifferenza per esprime una amalgama di emozioni ribelli contro istituzioni, banche, multinazionali che lo stanno portando alla rovina. Questo insieme di spinte antisistema trova potenzialmente espressione politica sia a destra che a sinistra. E’ quello a cui stiamo assistendo in Europa con Le Pen, Farage, Salvini e Grillo ma anche con la Grecia di Syriza preferita, al momento, ad Alba Dorata. Ciò che fa pendere la bilancia verso scelte di destre è, secondo Reich, il substrato psicologico, la struttura caratteriale irrazionale degli esseri umani medi i cui primari bisogni biologici e impulsi sessuali sono stati repressi per migliaia di anni dalla scuola autoritaria, dalla famiglia coatta e dalla chiesa che riproducendo l’impotenza delle masse umane e la loro debolezza contribuiscono alla nascita dell’ideologia fascista.

Parlare oggi di famiglia patriarcale e di repressione sessuale potrebbe sembrare, nella società occidentale, fuori luogo dopo gli sconvolgimenti dei costumi seguiti ai movimenti di contestazione degli anni ’60. Vi invito solo a riflettere sulla differenza tra licenza e libertà e a quella tra autoritarismo e autorità. Reich nel suo testo più conosciuto, La rivoluzione sessuale, uno dei manifesti teorici di quei movimenti, già aveva considerato la sessualità non come un fatto privato ma aveva posto la sua liberazione come base per lo sviluppo di una personalità integra ed unitaria e per la costruzione di una società effettivamente libera.

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Guardando la nostra attuale società ipersessualizzata e narcisistica, in cui tutto si riduce a prestazione competitiva e consumo, tra pornografia e turismo sessuale, tra mercificazione dell’immagine del corpo e prostituzione, il panorama che offre è ben diverso dalla considerazione di Reich della liberazione sessuale come liberazione interiore dall’ansia e dalla nevrosi, tesi che approfondirà nel suo testo forse più importante La funzione dell’orgasmo.
La stessa considerazione può valere per la famiglia, con il suo compito fondamentale di educazione delle nuove generazioni la cui disgregazione è

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diventata non il suo superamento nell’ambito di un percorso formativo che si allarga ad una dimensione sociale e collettiva ma abdicazione tout court alla sua funzione. Questo vuoto, questa mancanza di complementarità tra demolizione e costruzione, ben chiara a Reich, porta inevitabilmente a riproporre la concezione reazionaria, che si voleva combattere, dell’incapacità delle masse alla libertà e alla responsabilità e, quindi, all’immagine dell’uomo schiavo per natura.

Reich nella barbarie del suo tempo riesce però a tenere acceso il lumicino della speranza di una società non autoritaria che si governa da sé. Se Freud aveva individuato la nascita della civiltà come repressione degli istinti, Reich parte invece dalla considerazione che la negazione delle pulsioni sessuali non è la premessa della cultura in quanto questa, nella società matriarcale, è preesistente al matrimonio e alla famiglia patriarcale. Riprendendo studi che poi continuerà nel suo Analisi del carattere Reich individua tre strati differenti della struttura biopsichica. Nel primo, quello superficiale, l’uomo civile e sociale è moderato, cortese, conscio del proprio dovere. Nel secondo, l’inconscio di Freud, covano gli impulsi crudeli, sadici, sessualmente lascivi dell’uomo istintivo e asociale. Reich scopre un terzo strato, più profondo, che definisce “nucleo biologico” in cui l’animale uomo è onesto, cooperativo, capace di amare, o di odiare, razionalmente. Questo strato in cui risiede ciò che è naturale ed elevato è stato sepolto dai mutamenti sociali per cui tutte le pulsioni naturali, sociali o libidinose, vengono deviate dallo strato pervertito e represse dall’educazione.

be-freeReich sembra così liberarci dall’angosciante dicotomia tra l’essere civili, e repressi, o felici, e cattivi. Può esserci una terza via, che finora non ha trovato espressione nella civiltà moderna se non nell’arte, in cui l’uomo possa veder crescere la coscienza della responsabilità sociale, guidata da quella che chiama “il processo dell’amore, del lavoro e del sapere”.

E’ un’utopia, un sogno. Ma voi tra sogno ed incubo cosa scegliete?

Reich pagherà un caro prezzo per il suo geniale pensiero eretico che altri, Fromm, Adorno e Marcuse, svilupperanno in seguito con più notorietà.
Brillante allievo di Freud a Vienna, dal 1930 si trasferisce a Berlino dove alterna i suoi studi alla militanza nel Partito Comunista e dove crea dei centri di consulenza sessuale e psicologica per i giovani. Messo al bando dall’ortodossia marxista e psicanalitica, minacciato in Germania, si sposta a Copenaghen ed ad Oslo, dove non riceve migliore accoglienza, e trova infine rifugio nel ‘39 negli Stati Uniti. Quì inizia il periodo più controverso delle sue ricerche che spaziavano dalla desertificazione e la meteorologia al cancro ma soprattutto sulla energia orgonica da lui scoperta e considerata alla base di tutti i processi vitali. Proprio gli esperimenti su questa energia cosmica diedero inizio, in un coro di accuse che andavano dal ciarlatano allo schizofrenico, alle indagini da parte del Food and Drug Administration che lo portarono ad essere processato per frode, alla messa al rogo, letteralmente, dei suoi libri, come avevano già fatto i nazisti anni prima, all’incarceramento e alla morte, ufficialmente per attacco cardiaco, in un penitenziario del Connecticut.

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